La clausola di mero gradimento e il diritto di recesso del socio di una s.r.l.

Le partecipazioni in società a responsabilità limitata sono trasferibili sia per atto tra vivi, sia per successione a causa di morte. È salva, tuttavia, una contraria disposizione dell'atto costitutivo...

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In presenza di una clausola che subordini il trasferimento di una partecipazione al mero gradimento di organi sociali, non collegato quindi ad eventi oggettivi, il socio di una società a responsabilità limitata ha il diritto di recesso. Ciò è quanto stabilito dal Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, con la recente sentenza pronunciata il 30 dicembre 2019.

Il dato normativo

Le partecipazioni in società a responsabilità limitata sono liberamente trasferibili sia per atto tra vivi, sia per successione a causa di morte: questo è il principio generale sancito per le s.r.l. dall’art. 2469 c.c.. È salva, tuttavia, una contraria disposizione dell’atto costitutivo: la norma prevede espressamente la possibilità di disporre l’intrasferibilità delle partecipazioni o di inserire una clausola che subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti. In questi casi però il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso.

Le due letture possibili

Secondo il Tribunale di Milano la norma di cui all’art. 2469 c.c. va interpretata nel senso che l’esercizio del diritto di recesso è collegato alla previsione di una clausola di gradimento senza condizioni e limiti. È sufficiente l’inserimento nell’atto costitutivo di una clausola di tale tenore per consentire al socio di recedere dalla società in qualsiasi momento. Questo perché la ratio della norma citata è di evitare che il socio sia “prigioniero” della società. E, per ottenere tale risultato, la norma medesima, che come già detto non nega la possibilità di introdurre nello statuto clausole di gradimento, impone tuttavia che lo statuto sottoponga tale gradimento a limiti e condizioni, cioè a circostanze (oggettive) restrittive della facoltà della società di negare il gradimento. Ciò al fine di favorire l’uscita del socio.

L’orientamento del Tribunale meneghino si distingue da quello di altre corti in base al quale il diritto di recesso presuppone non solo la presenza della clausola ma l’effettivo diniego del gradimento proposto dal socio.

Sostiene altresì il Tribunale di Milano come la previsione di un quorum deliberativo, che subordini il trasferimento della partecipazione al voto favorevole di una certa maggioranza, non possa essere qualificata quale limite o condizione alla facoltà di concedere il gradimento, trattandosi semplicemente di una regola procedurale volta soltanto ad individuare le modalità di formazione ed espressione del gradimento.


Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario

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