Infortunio sul lavoro: la responsabilità penale del datore di lavoro

Il datore di lavoro è sempre responsabile penalmente degli infortuni sul lavoro? In quali casi la responsabilità è dell'azienda?

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Ancor oggi gli infortuni sul lavoro, purtroppo, rappresentano una realtà comune e frequente: ogni lavoro infatti comporta per il lavoratore dei rischi che possono verificarsi in qualsiasi luogo di lavoro.

Se come datore di lavoro sei indagato o imputato per aver causato un infortunio sul lavoro, oppure sei un lavoratore vittima di infortunio verificatosi sul luogo di lavoro e vuoi chiedere il risarcimento dei danni subiti, l’accompagnamento di un professionista ti permetterà di tutelare al meglio i tuoi diritti e ridurre al minimo le conseguenze dannose.

Che cosa si intende per infortunio sul lavoro?

Quando si parla di infortunio sul lavoro si intende quell’evento traumatico dovuto ad una causa violenta che si verifica nel luogo di lavoro (o nello svolgimento dell’attività lavorativa), dal quale derivi l’impossibilità a svolgere la propria mansione per una durata superiore a tre giorni.

Perché si possa parlare di infortunio sul lavoro è necessario che vi sia un rapporto di causalità tra l’attività lavorativa e l’evento che ha portato alla lesione.

La causa violenta, dunque,consente di distinguere l’infortuniodalla malattia professionale(o tecnopatia) e si riferisce ad un’azione di rilevante forza che, interferendo in maniera repentina e diretta (violenta appunto) all’interno del luogo di lavoro, compromette l’integrità psico-fisica del lavoratore.

La normativa di riferimento

In tema di responsabilità del datore di lavoro la normativa di riferimento è data dal D.lgs. 81/2008, c.d. Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, coordinato con il D.lgs. n. 106/2009 e successive modificazioni.

Le ipotesi più frequentemente sanzionate dalla legge penale sono legate ai reati di lesioni colpose ed omicidio colposo, trattasi di fattispecie basate sulla colpa del datore di lavoro, o degli addetti alla sicurezza sul posto di lavoro, determinata dalla mancata adozione di misure di sicurezza idonee per tutelare la salute sul luogo di lavoro.

La responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro è colui che deve garantire la corretta applicazione delle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza nell’ambiente lavorativo. Questo non solo serve a tutelare i lavoratori, per ridurre o eliminare le situazioni di rischio, ma anche il datore di lavoro stesso che, in caso di inadempienze, può invece incorrere in cause di responsabilità civile e penale.

Sono diversi, infatti, gli adempimenti obbligatori in materia di salute e sicurezza, che il datore di lavoro deve dimostrare di aver applicato. Tra i più importanti possiamo senz’altro citare:

  • la redazione e l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi;
  • la stesura delle relazioni tecniche (es. rischio rumore, stress lavoro correlato, agenti chimici, biologici, ecc);
  • la formazione e l’informazione dei lavoratori sui fattori di rischio e sulle corrette misure da adottare per prevenirli o limitarli;
  • la distribuzione e il controllo sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali;
  • l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, quando prevista.

Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di responsabilità penale ascritta ad un committente per infortuni sul lavoro in caso di omessa predisposizione del Documento Unico di Valutazione Dei Rischi Da Interferenze (DUVRI) e di omessa o insufficiente verifica sull’idoneità tecnica dell’appaltatore.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che: in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo. (Cass. Pen. Sez. IV, Sent. 3 giugno 2021, n. 21533)

Quale responsabilità per l’azienda?

Il decreto legislativo n. 231/2001 ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato. Sostanzialmente tale responsabilità di natura amministrativa sorge in capo all’ente a fronte della commissione di una condotta penalmente illecita da parte di un soggetto ad essa intraneo,

A tal proposito, segnaliamo una recente sentenza (Cass. pen., Sez. IV, Sent. 5 febbraio 2021 n. 2848). su un caso di responsabilità penale ascritta sia al datore di lavoro, imputato per il reato di lesioni personali colpose in violazione della normativa antinfortunistica, sia all’impresa per il connesso illecito amministrativo.

Nel caso di specie la Corte ha ribadito che la responsabilità dell’ente è prevista quando:

  1. i reati sono commessi a vantaggio o nell’interesse dello stesso;
  2. oppure i reati sono commessi da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, nonché da chi gestisce e controlla, anche di fatto lo stesso.

Pertanto, nel caso di incidente per violazione delle norme antinfortunistiche risponderà anche l’ente qualora si accerti un risparmio di risorse economiche dovuto alla mancata predisposizione delle misure di prevenzione o delle misure cautelari

Il datore di lavoro è sempre responsabile penalmente degli infortuni sul lavoro?

Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, come abbiamo detto, perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza ed imperizia; di conseguenza la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta sufficiente da sola a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione: “… il comportamento imprudente dei lavoratori non adeguatamente formati non esenta mai il datore di lavoro” (Cass. Pen. Sez. IV, 19/05/2015 n. 39765)

Il datore infatti risponde in caso di violazione degli obblighi, anche specifici rispetto al singolo luogo o alla specifica lavorazione, sui quali deve fornire idonea formazione, laddove l’omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla verificazione dell’evento.

I Giudici di legittimità hanno chiarito che: “Il datore di lavoro non deve solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive, ma deve soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, per evitare la superficiale tentazione di trascurarle” (Cass. Pen. Sez. IV, 08/05/2019 n. 27787).

Di conseguenza anche avallare e/o non correggere prassi lavorative pericolose che costituiscano poi presupposto di infortuni costituisce condotta colposa e negligente del prestatore di lavoro.

Quando viene meno la responsabilità del datore di lavoro?

Il datore di lavoro è esonerato da una eventuale responsabilità quando l’infortunio sul lavoro sia riconducibile unicamente al comportamento “abnorme” del lavoratore, che assume autonomamente delle condotte che fuoriescono dall’ambito delle mansioni e dall’area di rischio definita dalla lavorazione in corso.

Ciò nonostante, il datore di lavoro deve aver:

  1. somministrato correttamente la formazione (conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze)
  2. fornito ogni informazione (conoscenze utili all’identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi, anche specifici, in ambiente di lavoro)
  3. assicurato i sistemi di sicurezza e i DPI (dispositivi di protezione individualedegli arti superiori degli arti inferiori, di occhi e viso, dell’udito, del capo, delle vie respiratorie, del corpo e della pelle, dalle cadute dall’alto, per la visibilità)
  4. eseguito un corretto addestramento (sull’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti e procedure).

Scritto da:
Avvocato Luisa Osellame, Diritto penale, Patrocinante in Cassazione

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