La responsabilità in caso di ingiustificata interruzione delle trattative

Tra le più importanti ipotesi di responsabilità precontrattuale c'è l'interruzione ingiustificata delle trattative; ma come si determinano i danni che ne derivano?

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L’art. 1337 c.c. prevede che le parti, anche nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede. Si tratta della responsabilità precontrattuale, in cui incorre il soggetto che si è comportato scorrettamente nella fase preparatoria alla conclusione dell’accordo.

Tale responsabilità rientra nella categoria della responsabilità extracontrattuale in quanto si fonda sulla violazione di un generale dovere di condotta e non di uno specifico obbligo contrattuale. Ciò comporta che il termine di prescrizione è di cinque anni e che è più complicato (rispetto all’ipotesi di violazione di un certo obbligo contrattuale) provare in giudizio l’altrui responsabilità e, quindi, il proprio diritto ad ottenere il risarcimento dei danni.

Le ipotesi di responsabilità precontrattuale sono varie. Le più importanti sono: l’interruzione ingiustificata delle trattative, la revoca della proposta senza giustificato motivo e la violazione del dovere di informazione.

L’ingiustificata interruzione delle trattative

La violazione del dovere precontrattuale di comportarsi secondo buona fede è tradizionalmente ravvisata dalla giurisprudenza nel caso di recesso senza giusta causa da trattative che siano giunte ad un punto tale da generare nell’altro contraente un legittimo affidamento circa la conclusione del contratto. Tale affidamento è ragionevole e giustificato quando sussistono elementi oggettivi che facciano ritenere serie le trattative, e ciò per la capacità delle parti, la durata e lo stato della contrattazione e per la considerazione degli elementi essenziali del contratto da concludere.

Il recesso dalle trattative è privo di giusta causa – e comporta quindi una responsabilità precontrattuale – quando non è determinato dalla modifica dell’altrui proposta, quando avvenga in malafede o sia comunque privo di ragionevole giustificazione.

Nei rapporti tra imprese, sono considerate come fattispecie di recesso ingiustificato, ad esempio, l’ipotesi di trattative tra imprese in cui l’una affidi all’altra un progetto implicante notevoli costi e poi interrompa la negoziazione, o quella di mancato rinnovo di un contratto di concessione alla prima scadenza annuale quando il concessionario ha già dovuto affrontare investimenti importanti.

Ma come si determinano i danni derivanti dall’interruzione non giustificata delle trattative?

L’interesse negativo

Sul risarcimento del danno subìto dal contraente nell’ipotesi di ritiro ingiustificato della controparte dalle trattative, si è recentemente pronunciata la Seconda Sezione della Cassazione civile (ordinanza 27 ottobre 2021, n. 30186), peraltro confermando un orientamento ormai piuttosto consolidato. Secondo la Suprema Corte, in caso di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è limitato allo stretto interesse negativo: “rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso”. Non è compreso, quindi, il danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto definitivo.

Revoca della proposta e responsabilità precontrattuale

Si è già anticipato che anche la revoca della proposta, in taluni casi, può costituire fonte di responsabilità precontrattuale.

In generale, la revoca della proposta contrattuale costituisce esercizio di un potere attribuito al proponente e liberamente esercitabile. Ai sensi dell’art. 1328, c. 1, c.c., in caso di revoca il proponente è tenuto solo a corrispondere un indennizzo all’accettante che abbia iniziato in buona fede l’esecuzione del contratto prima di avere notizia della revoca.

Sussiste invece una responsabilità precontrattuale quando la revoca, per le particolari motivazioni o circostanze in cui ha luogo, debba ritenersi contraria all’obbligo di buona fede. Tale è ritenuta, ad esempio, la revoca senza giustificato motivo.

Per quanto riguarda poi i rapporti tra soggetti di Paesi diversi, la Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di compravendita internazionale di beni mobili (CISG), all’art. 16, c. 2, lett. b), prevede il rimedio dell’inefficacia della revoca della propostase era ragionevole per il destinatario della proposta considerare la proposta come irrevocabile, e se egli ha agito di conseguenza” (nella versione originale “if it was reasonable for  the offeree to rely on the offer as being irrevocable and the offeree has acted in reliance on the offer”).

Va comunque detto che, secondo alcuni autorevoli commentatori, nei casi di revoca ingiustificata della proposta non rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione della CISG, può comunque prospettarsi una responsabilità precontrattuale del revocante per comportamento contrario a buona fede.

Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario

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