Controllo di gestione: i limiti della responsabilità dei sindaci

La Cassazione ha fissato i limiti della responsabilità dei sindaci, cioè di coloro cui spetta il controllo dell'amministrazione della società.

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Con la recentissima sentenza n. 28357 dell’11 dicembre 2020 la Cassazione civile ha fissato in maniera chiara i limiti della responsabilità dei sindaci, cioè di coloro cui spetta il controllo dell’amministrazione della società al fine di assicurare che l’attività sociale venga svolta nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo, nonché dei principi di corretta amministrazione.

La responsabilità ai sensi dell’art. 2407 c.c.

L’art. 2407 c.c. prevede che i sindaci debbano “adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico” (comma 1), da valutare tenendo conto anche della situazione concreta della società in cui l’ufficio di sindaco è esercitato (dimensioni, composizione della compagine sociale, struttura dell’organo amministrativo, ecc.); la giurisprudenza richiede ad esempio un controllo particolarmente accurato e diligente nelle società a base familiare o con amministratore unico.

I sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (comma 2). Si ha in tal caso un concorso di cause nella produzione dell’evento dannoso, ma i sindaci rispondono pur sempre per fatto proprio anche se per un titolo diverso (culpa in vigilando).

L’art. 2407 c.c. configura quindi in capo ai sindaci una responsabilità per fatto omissivo proprio, da correlarsi alla condotta degli amministratori.

I doveri di controllo imposti ai sindaci sono contraddistinti da una particolare ampiezza, poiché si estendono a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela e dell’interesse dei soci e di quello, concorrente, dei creditori sociali. Di modo che ad affermare la responsabilità può ben essere sufficiente l’inosservanza dei doveri di vigilanza. Questo accade, in particolare, quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, poiché in tal caso il mantenimento di un comportamento inerte implica che non si sia vigilato adeguatamente sulla condotta degli amministratori pur nella esigibilità di un diligente sforzo per verificare la situazione anomala e porvi rimedio, col fine di prevenire eventuali danni (in questo senso si era già espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18770/2019).

Gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità

La Suprema Corte, nella citata sentenza n. 28357/2020, ha aggiunto poi che, come in tutti i casi di concorso omissivo nel fatto illecito altrui, anche la fattispecie di cui all’art. 2407 c.c. richiede la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi:

(i) dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo;

(ii) dell’evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell’amministratore;

(iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell’attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno.

Il nesso, in particolare, va provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l’omessa vigilanza è causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato).

Il sindaco non risponde, cioè, in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, quasi avesse rispetto a questo una posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che l’ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l’ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato.

Effetto del Coronavirus sugli obblighi di vigilanza dei sindaci

È noto come l’emergenza Coronavirus abbia costretto numerose società a rivedere i propri piani economico-finanziari. Considerata l’estrema difficoltà del momento, l’organo di controllo ha il dovere di intervenire e supportare l’organo amministrativo nelle decisioni da assumere, vigilando sulle ripercussioni che queste avranno nei bilanci della società.

L’apporto che il sindaco può fornire in questo (prolungato) periodo di emergenza, risiede nel suo ruolo di soggetto terzo e indipendente rispetto alla realtà societaria, in grado di sensibilizzare la struttura amministrativa circa i rischi delle scelte imprenditoriali da intraprendere o già intraprese per fronteggiare lo shock economico e finanziario, nonché di vigilare sulla corretta adozione delle misure idonee a tutelare dipendenti e collaboratori dal rischio biologico, nel rispetto dei protocolli siglati da sindacati e associazioni di categoria.


Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario

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