Covid-19 e infortunio sul lavoro: i chiarimenti (necessari?) dell’Inail

Il 15 maggio 2020 l’INAIL è intervenuto a chiarire alcuni aspetti relativi alla responsabilità datoriale nei casi di infezione da COVID-19 sui luoghi di lavoro.

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News 30

Il 15 maggio e poi il 20 maggio, l’INAIL è intervenuto, prima con un comunicato stampa e poi con una circolare, a chiarire alcuni aspetti relativi alla responsabilità datoriale nei casi di infezione da COVID 19 sui luoghi di lavoro.

L’art. 42 del decreto Cura Italia

L’intervento pare essersi reso necessario in seguito al dibattito sorto dalla lettura dell’art. 42 del decreto legge 18/20, che stabilisce che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro…

La circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020

Con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 l’INAIL ha specificato che, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, “la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro per tutti i lavoratori assicurati all’Inail” e quindi non solo nello svolgimento delle mansioni lavorative specifiche di categorie a rischio (ad esempio, operatori sanitari o a contatto con il pubblico), ma ogni tipo di lavoratore.

Il dibattito: quale responsabilità ha il datore di lavoro nei casi di contagio?

Si è quindi aperto il dibattito in ordine alla eventuale responsabilità, sia civile che penale, a carico del datore di lavoro, in caso di contagio del proprio dipendente. Va infatti ricordato che l’INAIL è sempre tenuto a versare le indennità previste in caso di infortunio, ma ha poi la possibilità di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro, qualora permanga la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato (come previsto dagli artt. 10 e 11 del DPR 1124/1965).

Ci è chiesti, in particolare, se il datore di lavoro, in ragione della riconducibilità del contagio da COVID 19 di un dipendente (soprattutto nel caso di mansioni rientranti in quelle a rischio) ad infortunio sul lavoro, sia automaticamente considerato responsabile del contagio stesso del proprio lavoratore e sia quindi soggetto all’azione di regresso da parte dell’Istituto.

Il comunicato stampa del 15 maggio 2020 e la circolare n. 22 del 20 maggio 2020

L’INAIL è intervenuto prima con il comunicato stampa del 15 maggio 2020 e poi con la circolare n. 22 del 20 maggio 2020 per precisare quella che, a parere di chi scrive, appare una considerazione ovvia, ossia che “dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro”.

L’Istituto chiarisce un sacrosanto principio di diritto: le responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro “devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail”.

Sempre secondo l’Istituto, “il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso”.

L’INAIL chiude il comunicato stampa con una sorta di rassicurazione per i datori di lavoro: “la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro”.

Lo stesso poi viene ribadito nella circolare n. 22, nella quale l’INAIL afferma, in merito all’attivazione dell’azione di regresso, che essa “presuppone, inoltre, anche l’imputabilità a titolo, quantomeno, di colpa, della condotta causativa del danno. In assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, pertanto, delle misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n.33, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.”

L’INAIL sembra quasi escludere che possa ricorrere un’ipotesi di responsabilità penale del datore di lavoro in caso di contagio da COVID 19 del proprio dipendente: tuttavia, è bene ricordare che la molteplicità delle forme di contagio e l’avvincendarsi dei vari precetti normativi di vario rango imposti al datore di lavoro per evitare il contagio nei luoghi di lavoro non impediscono l’eventuale accertamento in sede penale, ove l’ultima parola spetta al Giudice e non certo all’INAIL.

Avvocato Erica Mussato, Diritto del Lavoro e Previdenziale, Treviso - Partner Agoràpro
Avvocato Erica Mussato, Diritto del Lavoro e Previdenziale
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