Il consumatore ha diritto all’integrale risarcimento dei danni in caso di non conformità del bene venduto

Il consumatore ha diritto all'integrale risarcimento dei danni in caso di non conformità del bene venduto. Il diritto al risarcimento del danno rientra tra i "diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell'ordinamento giuridico"

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L’art. 130, c. 2 D. Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) prevede che in caso di difformità del bene venduto, il consumatore possa far valere nei confronti del professionista inadempiente uno dei seguenti rimedi:
a) riparazione del bene
b) sostituzione del bene
c) riduzione del prezzo
d) risoluzione del contratto.

Tra i diritti che competono al consumatore “nel caso di difetto di conformità“, l’art. 130, c. 2 del Codice del Consumo non annovera il diritto al risarcimento del danno cagionato dall’inadempimento del veditore.

Il diritto al risarcimento del danno

Come ha avuto modo di ribadire anche recentissimamente la Corte di Cassazione con la sentenza del 20 gennaio 2020 n. 1082, ciò non significa che il consumatore che abbia ricevuto un bene non conforme non possa esercitare, nei confronti del professionista, delle pretese risarcitorie: il diritto al risarcimento del danno rientra, infatti, tra i “diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico, fatti salvi dall’art. 135 del Codice del Consumo.

Il risarcimento del danno ha lo scopo di porre il compratore (consumatore e non) in una posizione economicamente equivalente non a quella in cui si sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto o se l’avesse concluso a un prezzo inferiore, ma a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi. La circostanza che un determinato prodotto si riveli inidoneo ad essere adoperato secondo le modalità indicate dal venditore e possa esserlo solo con modalità più dispendiose, ben può essere valutata dal giudice di merito ai fini del risarcimento del danno, oltre che sotto l’aspetto della riduzione del prezzo. Quest’ultima, infatti, ristabilisce l’equilibrio patrimoniale solo con riguardo al valore della cosa venduta ma non elimina il danno determinato dal venditore, consistente nel costo delle maggiori quantità di prodotto utilizzato e di manodopera impiegata.

Peraltro, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di garanzia per vizi nella vendita in generale, l’azione di risarcimento del danno può essere esercitata dal compratore anche da sola, cioè senza che venga chiesta né la risoluzione del contratto né una riduzione del prezzo. E tale facoltà (così come confermato dalla Suprema Corte nella sentenza citata) non può essere negata al consumatore qualora la riparazione o la sostituzione del bene difforme siano impossibili o eccessivamente onerose.

Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario

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