La legittimità dell’erogazione mensile in busta paga del rateo di TFR

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, è intervenuto su un tema molto concreto.

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Si tratta di una prassi diffusa in alcuni settori, specie in presenza di contratti a termine o stagionali, dove le parti concordano che il trattamento di fine rapporto venga corrisposto mensilmente insieme alla retribuzione ordinaria. L’Ispettorato ha chiarito che tale modalità non è conforme alla normativa vigente.

Secondo l’INL, il rateo mensile del TFR rappresenta un accantonamento virtuale, previsto dall’art. 2120 del codice civile, destinato a garantire al lavoratore un sostegno economico al termine del rapporto di lavoro. Proprio per questa sua funzione, il legislatore ha previsto che il TFR venga corrisposto solo alla cessazione del rapporto, salvo specifiche ipotesi di anticipazione, espressamente regolamentate dalla stessa norma.

La nota ribadisce che non è ammissibile un accordo tra le parti, neppure individuale, che preveda il trasferimento automatico e continuativo in busta paga del rateo di TFR. Una simile prassi, infatti, comporterebbe uno snaturamento dell’istituto, trasformando il TFR in una mera integrazione retributiva, con conseguenze anche in termini contributivi. In sostanza, l’erogazione mensile del TFR verrebbe qualificata come retribuzione corrente, soggetta quindi a contribuzione ordinaria e priva della tutela di indisponibilità propria del trattamento di fine rapporto.

L’Ispettorato ammette invece la possibilità, tramite pattuizione individuale o collettiva, di riconoscere un’anticipazione dell’importo già maturato al momento dell’accordo. Tale ipotesi rientra nell’ambito previsto dall’art. 2120, ma è cosa ben diversa dal pagamento mensile del rateo futuro.

Sul piano ispettivo, la nota precisa che in presenza di questa prassi irregolare gli ispettori dovranno intimare al datore di lavoro il ripristino dell’accantonamento delle quote di TFR illegittimamente anticipate, mediante un provvedimento di disposizione ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 124/2004. Il mancato rispetto di tale provvedimento potrà comportare una sanzione amministrativa fino a 3.000 euro.

Da segnalare che anche la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4670 del 22 febbraio 2021, ha affermato un principio analogo: l’erogazione sistematica del TFR in busta paga – al di fuori delle ipotesi previste dalla legge – è da considerarsi una forma di retribuzione ordinaria, con obbligo contributivo e in violazione della funzione propria dell’istituto. Una pronuncia che rafforza ulteriormente il quadro interpretativo oggi consolidato.

Il chiarimento dell’INL ha quindi una portata rilevante: mette fine all’ambiguità interpretativa e invita i datori di lavoro a rivedere con attenzione eventuali accordi o pratiche di erogazione mensile del TFR, per evitare contestazioni e sanzioni.

Una nota che solleva spunti interessanti anche sul piano del coordinamento tra normativa civilistica e obblighi contributivi.

Consulenti del Lavoro Associati Valter Gottardo e Rita Zamai, Partner Agoràpro
Valter Gottardo e Rita Zamai, Consulenti del Lavoro Associati
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