I vizi della merce nella vendita internazionale

La Suprema Corte ha ricordato che la vendita internazionale di merci (CISG) si applica in quanto convenzione che contiene una disciplina della compravendita internazionale di merci dettagliata e uguale per tutti gli Stati aderenti.

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In una compravendita di merci tra soggetti aventi la propria sede in Paesi diversi, qualora ve ne siano i presupposti, si applica la Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di merci (United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods, CISG). Pertanto, con riferimento ai vizi della merce venduta, in assenza di una clausola specifica nel contratto concluso tra le parti, si deve far riferimento agli articoli 38 e 39 della Convenzione stessa.

Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1605 del 26 gennaio 2021. La Suprema Corte ha ricordato che la CISG si applica, in luogo delle norme interne, in quanto convenzione di diritto materiale uniforme che non si limita ad individuare quale sia la legge (di un Paese, piuttosto che di un altro) applicabile al caso concreto, ma che contiene una disciplina della compravendita internazionale di merci dettagliata e uguale per tutti gli Stati aderenti.

I presupposti applicativi della Convenzione di Vienna

Dal punto di vista oggettivo, la Convenzione di Vienna si applica ai contratti di compravendita di merci aventi carattere internazionale. Ai fini dell’applicazione della Convenzione, per compravendita si intende lo scambio di cosa contro prezzo. Non rientrano quindi nell’applicazione della CISG, ad esempio, i contratti di appalto, leasing, franchising e distribuzione. Per merce si intende tutto ciò che è mobile e tangibile, suscettibile di consegna fisica. Non si applica, ad esempio, in caso di compravendita di un immobile. Per quanto attiene invece alla natura internazionale del contratto, la Convenzione prevede che le parti abbiano la propria sede d’affari in due Paesi diversi.

Dal punto di vista soggettivo, nessuna limitazione all’applicazione della Convenzione è dovuta alle caratteristiche delle parti, che possono essere imprenditori, professionisti o consumatori. La CISG si applica quando venditore e compratore hanno la loro sede d’affari in Stati che sono vincolati dalla Convenzione, oppure quando la legge applicabile alla compravendita, in base alle norme di diritto internazionale privato, è quella di uno Stato firmatario della CISG stessa.

Si tenga conto che, ad oggi, la Convenzione di Vienna è stata ratificata da oltre 90 Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, tutti i Paesi sudamericani e la maggior parte dei Paesi europei (con le significative eccezioni di Irlanda, Malta, Portogallo e Regno Unito). La CISG governa quindi una notevole parte del commercio internazionale di merci.

La disciplina in caso di vizi della merce

La citata pronuncia della Suprema Corte si sofferma, in particolare, sui termini di decadenza e di prescrizione per far valere i difetti di conformità dei beni acquistati.

L’art. 39, paragrafo 1, CISG prevede che il compratore debba denunciare i vizi della merce acquistata entro un termine ragionevole: “The buyer loses the right to rely on a lack of conformity of the goods if he does not give notice to the seller specifying the nature of the lack of conformity within a reasonable time after he has discovered it or ought to have discovered it”.

Tale norma va coordinata con quella di cui all’art. 38, paragrafo 1, CISG, che impone al compratore di esaminare le merci (o di farle esaminare) nel più breve tempo possibile: “The buyer must examine the goods, or cause them to be examined, within as short a period as is practicable in the circumstances”.

Quello di “termine ragionevole” è un concetto molto generico, che va di volta in volta valutato alla luce delle circostanze del caso concreto: dipende, tra le altre cose, dai vizi e dalla natura del bene, dai mezzi necessari ad individuare la sussistenza dei vizi stessi, dalla disponibilità degli strumenti in grado di rilevarli e dal tipo di azione esercitata dall’acquirente (restituzione del bene, riduzione del prezzo ecc.).

Esaminando la giurisprudenza dei giudici italiani emerge, ad esempio, che è stata considerata tardiva la denuncia effettuata a distanza di 23 giorni dalla consegna in presenza di difetti facilmente ravvisabili dall’acquirente in occasione del controllo imposto dall’art. 38, par. 1, CISG (così la sentenza del Tribunale di Cuneo del 31 gennaio 1996, nella quale si richiamano la dottrina e la giurisprudenza straniera sul punto).

In un caso completamente diverso, in cui il difetto era di tale particolarissima natura da rimanere occulto e non conoscibile anche a chi avesse controllato diligentemente la qualità della materia ricevuta prima di utilizzarla nella produzione e anche nel corso della sua lavorazione, il Tribunale di Vigevano ha ritenuto invece che non possa considerarsi tardiva una denuncia effettuata 4 mesi dopo il ricevimento della merce (sentenza 12 luglio 2000).

Va comunque ricordato che il secondo paragrafo dell’art. 39 CISG prevede come termine massimo di decadenza quello di due anni dalla consegna.

Quella di cui all’art. 39 della Convenzione di Vienna è quindi una disciplina distantissima da quella prevista nel nostro ordinamento, nel quale “Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge” (art. 1495, c. 1, c.c.).

Le imprese italiane che vendono i propri prodotti all’estero, se vogliono sfuggire alle incertezze derivanti dall’applicazione della Convenzione di Vienna, prima fra tutte quella relativa agli obblighi dell’acquirente in caso di vizi e difetti della merce, è bene che operino sulla base di condizioni generali di vendita (o di contratti di compravendita redatti ad hoc per la singola operazione), contenenti una clausola specifica sugli obblighi del compratore in caso di vizi dei beni venduti, con particolare attenzione ai termini di decadenza e di prescrizione. Si tenga conto che le parti, facendo leva su quanto previsto dall’art. 6 della CISG (“The parties may exclude the application of this Convention or, subject to article 12, derogate from or vary the effect of any of its provisions”) possono infatti: a) escludere l’applicazione della Convenzione, b) derogare ad una o più delle sue disposizioni o c) modificarne gli effetti.

In conclusione, emerge ancora una volta prepotente l’esigenza di una disciplina contrattuale esaustiva che metta le nostre imprese al riparo da sorprese nel corso dei rapporti commerciali con partner stranieri.


Scritto da:
Avvocato Alfredo Pivato, Diritto Commerciale e Societario

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