Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza (d. lgs n. 14/2019 come modificato dal d. lgs 83/2022) che ha sostituito in toto, tra le altre, la vecchia “Legge Fallimentare”.
Il nuovo Codice (CCI) ha rivoluzionato la disciplina dei doveri e delle responsabilità di chi governa le imprese, introducendo nuovi incombenti a carico degli operatori aziendali, i quali dovranno necessariamente ripensare al proprio ruolo.
Coloro che governano l’impresa, ma anche chi la controlla, dovranno imparare in fretta un nuovo modo di fare e di agire in un periodo storico nel quale le turbolenze del mercato – condizionato da pandemia, guerra, crisi energetica – già rendono difficile la navigazione.
Le imprese in tempi rapidissimi dovranno dotarsi di nuovi assetti per prevenire o curare i segnali delineati dalla nuova normativa come un pericolo per la continuità aziendale.
A differenza di quanto accadeva in passato (in cui si avevano solo delle indicazioni generiche), con il Codice della Crisi sono stati coniati degli specifici indicatori della crisi al fine di aiutare gli imprenditori nella comprensione del livello di “salute” della propria azienda.
La capacità di adattamento rispetto a questo nuovo assetto farà la differenza per la sopravvivenza o meno di una azienda nel prossimo decennio.
Per la prima volta nella storia, l’imprenditoria italiana è “costretta” ad evolversi rispetto al tradizionale sistema di conduzione dell’impresa.
Gli imprenditori sono chiamati ad una nuova sfida.
Dovranno mettersi nella condizione di comprendere cosa viene ora chiesto alla loro azienda e, per fare questo, vi è la necessità di una specifica formazione ed una adeguata consulenza.
Solo un imprenditore preparato e attento, che conosce profondamente la propria azienda, può fare la differenza e migliorare le performance anche in questo momento storico.
Le novità introdotte dal Codice della Crisi che è fondamentale conoscere per un imprenditore
Il sistema delineato si muove dal principio della necessaria rilevazione tempestiva della crisi di una impresa, al fine di evitare quei default milionari di cui sentiamo spesso parlare.
Il fallimento non è un fenomeno che si ripercuote solo sull’azienda ma condiziona tutti coloro che le ruotano intorno (i lavoratori, i fornitori, i clienti, i consulenti), ivi compreso l’imprenditore e la sua famiglia.
Con conseguenze che si producono per molti anni.
Il Legislatore avendo rilevato come tale situazione fosse divenuta ormai insostenibile e di interesse “sociale”, ha compreso che era arrivato il momento di creare un sistema che evitasse di arrivare al default mediante una attività di prevenzione.
Un po’ come si fa per la salute delle persone: con la prevenzione si possono evitare conseguenze nefaste.
Orbene, nel nuovo Codice la parola chiave “prevenzione” viene declinata in più modi.
Come prima cosa, pretendendo che le aziende si dotino dei cd “adeguati assetti per la prevenzione della crisi”.
Che cosa si intende con questo termine.
Significa che l’impresa deve attuare una valutazione della propria organizzazione aziendale al fine di verificare se gli “assetti” esistenti siano sufficienti a rilevare e reagire con tempestività in caso di un una situazione di crisi.
Nel caso in cui ciò non fosse, le aziende devono trasformarsi ed “evolversi” in tale direzione, secondo i modelli più adatti alla loro realtà.
La necessità di rilevazione tempestiva della crisi è prevista nell’art. 3 del CCI (rubricato appunto “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa”) che stabilisce che gli imprenditori individuali devono adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere, senza indugio, le iniziative necessarie a farvi fronte.
Stesso contenuto previsto anche nelle modifiche introdotte dal CCI all’art. 2086 codice civile a cui è stato aggiunto il secondo comma (a dire il vero già nella sua prima formulazione nel 2019) che stabilisce l’“obbligo di adozione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa e della perdita di continuità aziendale”.
Questi nuovi assetti organizzativi sono stati, quindi, consacrati come principio di corretta gestione e, in quanto tali, destinati a valere in tutte le realtà imprenditoriali.
La responsabilità di introdurre questo nuovo “protocollo organizzativo” è attribuita agli amministratori.
Come capire se l’azienda è dotata degli “adeguati assetti” richiesti dalla normativa
Sino al 15 luglio la previsione degli assetti era indicata solo genericamente dalle norme del codice civile e si lasciava poi alla prassi ed alle scelte degli amministratori individuare il sistema più idoneo.
Ciò aveva sino a questo momento indotto a ritenere che vi fosse una certa “tolleranza” rispetto a tali obblighi di monitoraggio e di adozione degli adeguati assetti.
Ora non è più così.
Con il sistema introdotto non vi saranno più giustificazioni per coloro che non hanno intercettato una crisi o che non hanno saputo come intervenire.
Per fare ciò, il legislatore fornisce all’impresa un sistema per cui la crisi ed i suoi segnali di rischio sono codificati.
Per comprendere questi segnali, dobbiamo approfondire il concetto stesso di “crisi” d’impresa introdotto dal CCI che viene codificato nell’articolo 2 lettera a come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesti con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi”.
Delineato tale perimetro, le misure da introdurre per la predisposizione degli adeguati assetti dovranno con evidenza essere in grado di:
- Rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
- verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i 12 mesi successivi e rilevare i segnali di allarme (identificati dal comma 4 art. 3 CCI che vedremo);
- ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento per l’avvio della composizione negoziata della crisi.
In sostanza, vengono forniti dei parametri oggettivi che consentono di rilevare la crisi.
Riassumendo, quindi, gli amministratori per evitare responsabilità devono introdurre un sistema di programmazione e misurazione della tesoreria di almeno 12 mesi: tale è stato identificato come campanello d’allarme della sostenibilità del debito rispetto alla continuità aziendale.
Anche i parametri da analizzare sono chiusi e specifici e vengono individuati nel comma 4 dell’articolo 3 CCI.
Pertanto, le imprese saranno automaticamente considerate in crisi non solo se i flussi di cassa non sono sufficienti a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi, ma anche se esistono:
- debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
- debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
- esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari scaduti da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
- esposizioni debitorie verso INPS, INAIL, e Agenzia delle entrate o della riscossione.
In particolare, per quanto riguarda il default verso i creditori pubblici, l’articolo 25 novies CCI indica quali segnali di allerta i seguenti parametri:
- verso INPS un ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore: 1) per imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000; 2) per le imprese senza lavoratori subordinati e para subordinati all’importo di euro 5000;
- verso INAIL gli sforamenti del debito per premi assicurativi dovranno essere relativi a quelli scaduti da oltre 90 giorni ma sempre per un importo superiore ad euro 5000;
- verso Agenzia delle Entrate per IVA scaduta e non versata l’esposizione dovrà essere superiore all’importo di euro 5000 (e, comunque, non inferiore al 10 per cento dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta precedente; la segnalazione è in ogni caso inviata se il debito è superiore all’importo di euro 20.000;
- per i crediti già affidati alla riscossione saranno rilevanti se superano, per le imprese individuali, l’importo di euro 100.000, per le società di persone, euro 200.000 e per le altre società euro 500.000.
Cosa succede se l’impresa supera tali parametri
Nel caso in cui vengano superati tali parametri, ai sensi dell’art. 25 octies CCI, i soggetti preposti al controllo (quindi sindaci o collegio sindacale) dovranno fare un invito perentorio all’imprenditore affinché attivi la Composizione Negoziata della Crisi, con la fissazione di un congruo termine – non inferiore a 30 gg – entro il quale dovrà riferire sulle iniziative intraprese.
Nello stesso modo, opereranno anche i controllori pubblici qualificati (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate) con invio di segnalazione contenente un invito alla presentazione dell’istanza di Composizione Negoziata della Crisi rivolto all’imprenditore e, ove esistente, all’organo sindacale.
Cosa dovrà fare l’imprenditore se riceve tale invito?
Non avrà molte alternative.
L’impresa che riceve tale invito potrà a) inviare l’istanza per la Composizione Negoziata della Crisi (trattasi di un percorso semplificato, riservato e di natura privatistica tramite il quale un professionista specializzato nelle ristrutturazioni aziendali coadiuva l’imprenditore nel superamento della crisi) oppure b) chiedere un diverso strumento previsto dal CCI (come, ad esempio, il piano attestato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti; Convenzione in moratoria etc.).
Tutto ciò, ai sensi dell’art. 2086 c.c dovrà avvenire “senza indugio”. Quindi, è necessario che l’impresa sia strutturata e preparata a tale eventualità.
In conclusione
Dalla veloce disamina della nuova normativa, si evince come agli operatori aziendali venga chiesto di dotarsi di un tecnicismo sempre maggiore e di una competenza specifica.
Non sarà più possibile affidarsi a regole organizzative non scritte o all’improvvisazione.
Rappresenta, invece, un imperativo per l’impresa dotarsi di un adeguato organigramma aziendale nonché di procedure che assicurino la presenza di personale con adeguata competenza in presenza di direttive e di procedure aziendali che devono sempre essere aggiornate.
Le novità introdotte dal Codice della Crisi non devono intimorire.
La creazione degli “adeguati assetti” nella propria azienda non deve essere percepita e vissuta unicamente come un peso o un costo ma, piuttosto, come una opportunità, un investimento sul futuro e sullo sviluppo della propria realtà aziendale per renderla in grado di prevenire una crisi.
scritto da
Avv. Anna Pericoli
ADR, Sovraindebitamento, Locazioni Commerciali